Nicolás Jaar a Inner_Spaces: un rito sonoro tra sacro e visionario

Ridefinire gli spazi e l’esperienza di ascolto è tra i principali obiettivi di Inner_Spaces, la rassegna di musica elettronica e arti audiovisive nel cuore di Milano. Ma quello che è successo nella Chiesa di San Fedele durante la seconda serata dell’esibizione di Nicolás Jaar, martedì 23 settembre, è andato ben oltre la ridefinizione di spazio e ascolto.
Con un team di sei musicisti e un tecnico del suono, Nicolás Jaar ha messo in scena una composizione in otto atti delle Beatitudini del Vangelo in chiave elettronico-sperimentale.
La serata si è aperta con il live act di Massimo Colombo (machines e chitarra elettrica), capace di condurre il pubblico all’interno del vortice ipnotico che ha caratterizzato l’intera performance. Al suo fianco, al termine del suo solo introduttivo, sono saliti sul palco Carlo Centemeri al piano e clavicembalo, Firas Harb alla tromba, Beatrice Palumbo con la sua voce, Milena Punzi al violoncello e Nicolás Jaar alla tastiera e machines. L’intera squadra seguita dall’ingegnere del suono di Inner_Spaces, Pantxo Bertin, che ha reso la Chiesa di San Fedele il luogo perfetto per il live.


Un atto di intimità e rivoluzione
Essere spettatrice della conferma dell’essenza visionaria di Nicolás Jaar, è stato per me un grande onore. Al centro del progetto sonoro c’era una sorta di tendenza all’ancestralità, che ha riportato tutti noi ascoltatori a incontrare il proprio bambino interiore, cullati da un movimento acustico a cui non si poteva porre resistenza, complice anche l’ambiente suggestivo ecclesiastico. Vestire i panni di Nicolás Jaar, ho sempre pensato io, non deve essere semplicissimo. Emerso giovanissimo da una palude di producer che spesso hanno fatto del rischio il loro peggior nemico, Jaar si è fatto apprezzare fin dalle sue prime produzioni per la sua visione eclettica, meticolosa, contraddittoria e mai banale. Svestirsi dei panni di festival stage man, per mostrare una parte più intima e remota della propria figura - e, attenzione, non della propria arte, che sappiamo emergere sempre in modo limpidissimo da ogni sua creazione - è un atto rivoluzionario che il pubblico ha di certo saputo apprezzare.


Il mare interiore di Nicolás Jaar
Immergersi nel mondo di Nicolás Jaar è come farsi smuovere da una marea di suoni che prendono le sembianze dei canti delle sirene, provocanti e ammalianti. L’intenzione di far riflettere chi ascolta con il proprio sound, si percepisce dal modo in cui vengono usati strumenti, macchine e voce per tutta la durata dell’esibizione. Un violoncello accarezzato come una bambola, una chitarra elettrica singhiozzante, una tromba soffiata. Il riconoscibilissimo ondeggiare dei synth di Jaar, emblema etereo della sua musica.

La liturgia dell’ascolto profondo
La classe e la cura con cui è stata proposta l’intera serata non mi ha stupita, riconoscendo in Inner_Spaces un'istituzione per l’esperienze immersive multisensoriali. Credo, infatti, che il loro intento e obiettivo da ormai tredici anni, sia proprio quello di insegnare al loro pubblico a vivere l’ascolto in modo più profondo e meno superficiale, così da portare dentro di sé, nei propri inner spaces, un ricordo che abbia un valore prezioso. Vivere questo tipo di sensazione è stato possibile grazie anche al contributo “multistrato” dei bravissimi musicisti che hanno accompagnato Jaar durante l’esibizione. Paesaggi sonori ricreati da modalità di utilizzo degli strumenti che non siamo abituati e vedere e sentire e, strumenti classici stessi, utilizzati in maniere a noi spesso sconosciute.

Portare all’attenzione del pubblico una reinterpretazione simile di un canto sacro, a mio avviso rivoluziona totalmente il concetto sociale che abbiamo nel 2025 di musica, elettronica e non solo. Saper fare dell’esperienza di ascolto un rituale, può diventare per tutti gli amanti della musica, da club o meno, il modo di creare il proprio spazio sicuro, un luogo a cui tempo e suono si fondono per plasmarsi e veicolare un messaggio.
Inner_Spaces in questo si conferma essere una realtà che ha visto oltre la semplice fruizione musicale, facendo della propria rassegna un atto politico, un movimento artistico di nicchia che, se mostrato con i giusti mezzi proprio come la musica di Jaar, può smuovere maree.